di Augusto Forges Davanzati
E’ particolarmente allarmante e degna di riflessione una procedura messa in atto da qualche mese presso numerosi uffici periferici della Dogana, con riferimento ad alcuni controlli “a posteriori” sulla documentazione di origine.
Si tratta di alcune operazioni di importazione definitiva di articoli di abbigliamento aventi origine e provenienza Bangladesh, selezionate dal circuito di controllo VM, per le quali gli Uffici delle Dogane, sulla base delle risultanze dell’analisi dei rischi (nel caso specifico si tratta di un “avviso agli importatori” del 2018), ha posto in essere il controllo “a posteriori” delle prove di origine preferenziale, richiedendo il deposito del maggior dazio e dell’IVA afferente.
E’ evidente che come rappresentante di categoria non ho nulla da eccepire in merito alla natura ed al metodo dei controlli che l’Autorità Doganale pone in essere, ma allo stesso tempo ritengo discutibile nella circostanza, la richiesta da parte degli Uffici in questione, di un deposito cauzionale per l’importo del dazio, soprattutto in un momento di grave crisi economica come quello in corso, con le aziende che soffrono per mancanza di liquidità e con tutta una serie di provvedimenti governativi che vanno esattamente nella direzione opposta, cioè quella di agevolare e supportare il tessuto economico del paese.
Occorre evidenziare inoltre che alcune delle società oggetto delle verifiche doganali in questione, risultano munite di autorizzazione AEO, status che richiede una solvibilità finanziaria già accertata dall’Autorità doganale e pertanto, a maggior ragione, non si ravvisano i presupposti per la suddetta richiesta, avendo la Dogana tutti gli strumenti per poter eventualmente recuperare le somme dovute.
Ritengo questo un aspetto fondamentale della vicenda, se vogliamo davvero valorizzare la compliance doganale per la quale noi tutti, agenzia, professionisti ed aziende, siamo impegnati quotidianamente.
Aggiungo che anche nel recente passato, risulta che numerose operazioni doganali sono state oggetto di controlli a posteriori con riguardo alle prove di origine Bangladesh, senza mai alcun rilievo da parte della Dogana. Tra l’altro nel caso specifico si tratta di dichiarazioni REX rilasciate dagli esportatori bengalesi e pertanto anche il controllo a posteriori potrebbe essere più complesso da eseguire, non essendo chiaro a quale ente richiedere la cooperazione e cosa esattamente si richiede di controllare, con il rischio che le autorità bengalesi non rispondano e che la Dogana incameri i diritti alla scadenza.
In conclusione noi non intendiamo assolutamente sottrarci ai controlli, ma auspichiamo che non venga più richiesto il deposito del dazio, almeno per le aziende titolari di autorizzazione AEO.
Si fa presente che le azioni poste in essere da questa associazione presso gli uffici periferici non hanno portato a risultati concreti, poiché il vincolo della richiesta del dazio è presente nel sistema AIDA e pare sia obbligatorio rispettarlo.
Sarebbe quanto mai opportuno ed auspicabile un ripensamento o una modifica da parte dell’Agenzia, così da poter mitigare una misura estremamente penalizzante per gli importatori in considerazione delle note difficoltà del periodo. Confido della nota sensibilità di questa Amministrazione nei confronti del settore produttivo del paese, ma non nascondo le mie perplessità nei confronti di procedure che appaiono fortemente stridenti rispetto alla situazione economica attuale.